1. La storia


1. La storia

Dopo aver pubblicato Lettera alla sposa, e dopo le prime recensioni molto incoraggianti, è arrivata la voglia, e insieme la paura, di riprovarci; dopo vent'anni, riprendere la penna in mano e scrivere una nuova storia. Non mi sentivo all'altezza, nessuna formazione in merito, avevo scritto il primo romanzo per caso, ora volevo capire "come si facesse" a scrivere un romanzo, per davvero. Così ho cominciato a leggere, fare corsi di scrittura creativa, scoprire che serve un plot, e un eroe e un antieroe, e un (due, tre, quattro) conflitti, e immaginarsi i personaggi nei minimi particolari (compresa la loro storia anche se non la si userà mai), e un milione di altre cose.

Ci ho provato, perdendo settimane a predisporre il tutto. Per poi scoprire, al momento dello scrivere, che la storia non ne voleva sapere di seguire il plot (come tenere un cane al guinzaglio che continua a sfilarsi il collare). Continuava a scappare, a prendere strade sue. Una fatica tremenda andare a riacciuffarla tutte le volte, tentare di ri-addomesticarla. Poi mi sono stancata, l'ho lasciata libera e ho finito il secondo romanzo, sentendomi totalmente inadeguata al ruolo. Di scrittore, intendo.

Poi, ho letto “On writing” di Stephen King. Finalmente, dopo mesi, un gran sospiro di sollievo.
Per metà autobiografia e per metà manuale (molto sui generis) di scrittura, mi ha liberato dalla sensazione di totale inadeguatezza, ha ridato al mio modo di scrivere – l’unico che riesco a mettere in atto, un po’ di dignità.

Scrive King: “I distrust plot for two reasons: first, because our lives are largely plotless, and second, because I believe plotting and the spontaneity of real creation aren’t compatible. … my basic belief about the making of stories is that they pretty much make themselves. The job of the writer is to give them a place to grow.”
(“Diffido della trama per due motivi: in primo luogo, perché le nostre vite sono in gran parte senza trama, e in secondo luogo, perché credo che la trama e la spontaneità della creazione reale non siano compatibili. ... la mia convinzione di base sulla creazione di storie è che praticamente si fanno da sole. Il compito dello scrittore è quello di dare loro un posto dove crescere”)

Grazie a Stephen King, mi accingo a scrivere il terzo romanzo con più leggerezza.
Non dico che tutto ciò che ho letto e tentato di imparare in questi due anni in termini di scrittura non mi sia servito a nulla: è stato tutto prezioso, e ne ho fatto tesoro. Ma credo che ognuno debba prendere ciò che riesce, ciò che può adattare al proprio processo creativo. Con umiltà, ma anche senza autoflagellazione.

Caro Stephen, ti sono debitrice; prometto solennemente di leggere altri tuoi libri – non essendo troppo amante del genere, non ne ho mai letto uno!

P.S.: un paio d'anni dopo aver letto il libro di King, e aver in qualche modo salvato la mia carriera da scrittrice, ho scoperto che gli anglosassoni hanno un termine per indicare chi scrive senza una trama già ben definita: si chiamano "pantsers", e sono contrapposti ai "planner", quegli scrittori che prevedono sin dall'inizio la trama e i personaggi nei loro dettagli. 
Non c'è un modo giusto e uno sbagliato, dipende dall'inclinazione di ognuno, di come riesce ad attuare il proprio processo creativo.